Quelle luci del sud tra fede e tradizione

Non si sa bene dove collocarle, sicuramente in quell’incrocio di talenti tra arte e artigianato, il tutto con il soffio speciale della tradizione. Non è un incantesimo, anzi, c’è lavoro manuale dietro, progettazione, esperienza, eppure il risultato è quasi magico. Un tripudio di luci incastonate nel legno che però, a guardarle, sembrano merletti finemente realizzati. Le luminarie, ingrediente principale di ogni festa del sud, sono così insite nell’identità dei luoghi che nessuna comunità è disposta a rinunciarvi. Non esiste festa popolare senza luminarie. Tipiche, come il cibo devozionale, creative tra le forme classiche e quelle più audaci, ricalcano le forme architettoniche delle chiese, motivi decorativi, rosoni, fiori, monumenti.

Tutta questa bellezza non è fatta che di legno e lampadine colorate, ma dietro di esse si cela una profonda storia, che affonda le radici nella tradizione dell’artigianato artistico, di generazione in generazione. Le prime luminarie pare risalgano al XVI secolo, quando illuminavano le feste di paese con lampade a olio, tele colorate o bicchieri appesi. A Lecce, perfino Zimbalo sembra che contribuì alla progettazione di alcune luminarie. Nell’Ottocento poi si passò alle lampade elettriche fino ad arrivare a quelle a incandescenza e infine ai led, che permettono anche un notevole risparmio energetico.

È più che evidente che lo stile artistico ricalca quello del barocco, di cui Lecce è “capitale”, ma oggi non mancano interpretazioni più moderne ed essenziali, al passo coi tempi, che ben si adattano a uscire fuori dai confini delle feste patronali per invadere le case e gli eventi. Basti pensare alla celebre sfilata di Dior in piazza Duomo a Lecce con le luminarie firmate Parisi, che produce dal 1876. Da quel momento tutto il mondo ha potuto ammirare la bellezza dell’artigianato pugliese e in particolare salentino, tra elementi architettonici e scritte.

Le luminarie oggi esplodono con luci di mille colori a suon di musica, fanno spettacolo di se stesse. Le più ricche e sfolgoranti sono sicuramente quelle che Scorrano dedica alla festa per la patrona Santa Domenica, che secondo le credenze popolari chiese ai fedeli di accendere delle candele fuori dalle finestre per ottenere la grazia di essere liberati dalla peste. Nel piccolo comune vicino Otranto si possono ammirare incantevoli e altissime creazioni che si illuminano a ritmo di musica.

Torquato Parisi, a capo dell’omonima azienda, ha il merito di aver portato le sue luminarie fuori dai confini locali fino a spingersi all’estero: “Sono tornato da pochi giorni da Parigi, dove le nostre luminarie hanno fatto da sfondo a una mostra di quadri di Franco Baldassarre. Tutti i visitatori hanno vissuto la gioia della festa, in particolare i bambini”. E Parisi è stato tra i pionieri della luminaria d’arredo “Chiunque ha potuto portare un pezzo di storia nella sua casa, perché questo è una luminaria, con tutto il suo valore che ha un manufatto artistico”.

Luminarie in contesti non consueti anche quelle di Santoro che sono arrivate anche al Salone del Libro di Torino, così dice Antonio Santoro: “Siamo stati bravi a trasferire questa nostra particolarità tramite sagre e fiere e la cosa si è allargata in altri settori. Qualche anno fa era inconcepibile andare in altre città e trovare rosoni di luminarie. A Siena a piazza del Campo, quindici anni fa, le luminarie salentine erano quasi ignorate, ora tutto le chiedono, anche contesti privati. Un merito va dato anche al turismo che ha veicolato la bellezza di questo tipo di artigianato”.

Anche De Cagna firma moltissime luminarie delle feste più importanti nel Salento: “Le luminarie sono diventate una moda, l’importante è capire che non ci si può improvvisare. – dice Giuseppe – Prima quando si costruiva col seghetto alternativo c’erano ovviamente pochi pezzi. Ora la tecnologia ci fa risparmiare tempo ma la vera luminaria, quella tradizionale, è fatta a mano. È preziosa perché è frutto di manodopera, deve essere imperfetta, imprecisa, è quello il valore”.

Un sapere che si tramanda di padre in figlio come è accaduto per Perrotta, luminaristi da tre generazioni: “È stato un passaggio naturale di consegne” dice Antonio “nasci in una casa dove si fa questo mestiere, diventa una passione ed è impossibile allontanarsene. Poi ognuno ha le sue tecniche e ci mette una sua firma”.
Sapere che passa di mano in mano. Domenico Paulicelli disegna personalmente le luminarie “seguendo un linguaggio mio, che deve trasmettere tradizioni e culture collegate alla nostra amata terra pugliese”, spiega.

Anche il settore delle luminarie, come tutto il comparto legato alle tradizioni, ha subito un dannoso fermo durante la pandemia e un ritardo nella ripresa causato dalle normative anticontagio. Ma proprio nel periodo di maggiore difficoltà, anche su spinta di PugliArmonica, è nata l’associazione luminaristi, presieduta da Vito Maraschio. Oggi hanno delle regole condivise, un codice Ateco e perfino una pagina social.