I fuochi di Puglia. Tra sacro e pagano, una delle tradizioni più suggestive e antiche della regione.
Le prime settimane del nuovo anno, in Puglia, sono scandite dai riti del fuoco. Un elemento che si presta a una suggestiva lettura metaforica soprattutto se si tiene conto della stretta connessione con la devozione religiosa. Tra credenze ancestrali e fede, già da dicembre si avvia la preparazione dei falò che bruceranno a gennaio.
La prime ad accendersi, a gennaio, sono le Fanove di Castellana Grotte, tra cavità, lame, doline, tunnel modellati dalla natura nei secoli. La potenza purificatrice del fuoco è in onore della Madonna della Vetrana, l’11 gennaio. Si narra che la Vergine, nel 1691, guarì la cittadina da una feroce epidemia di peste attraverso un olio miracoloso posto ai piedi della sua icona. Così, scampata la peste, venne dato fuoco a tutto per purificarsi. Il santuario dedicato alla Madonna della Vetrana fu voluto da Isabella Acquaviva d’Aragona e sorge su uno dei cinque colli di Castellana. Qui arde da trecento anni una lucerna, elemento simbolo della festa. Il fuoco è ovunque, appiccato per le strade. Altro elemento devozionale importantissimo è la questua dell’olio, si va di frantoio in frantoio per raccogliere l’olio che sarà scaldato accanto al lume della statua, segue poi la processione, la cerimonia di consegna delle chiavi e l’arrivo dei fedeli in piazza che reggono tra le mani una fiammella, il corteo di tuniche candide e fiori bianchi, il baldacchino che avanza con il simulacro. Un atto quasi teatrale dove tra la pietra ardono le “fanove”, circa ottanta pire di paglia e legna incendiate dall’olio sacro che trovano posto nel cuore del paese. Mentre la legna brucia, si aprono i tradizionali banchetti di prodotti tipici, nel calore della festa che non teme il gelo di gennaio.
La festa più grande dedicata si tiene a Novoli, alle porte di Lecce, dedicata a Sant’Antonio Abate che, secondo la leggenda, discese negli inferi per liberare i peccatori dalle fiamme ed è per questo che in suo onore si accendono enormi falò. La festa del santo protettore degli animali è il 17 gennaio, ma nel paese salentino si festeggia per più giorni, attorno all’altissimo cono di fascine di vite che si accumulano da dicembre. Si mescolano abitudini popolari contadine al rito religioso: la legna veniva raccolta per ripulire la campagna e ingraziarsi il santo per un raccolto propizio e per fare cenere delle colpe. Le fascine vengono trasportate settimana dopo settimana nel grande piazzale del paese, sistemate con esperienza e perizia, perché la struttura resista al vento e al proprio peso. Per tutto il tempo della costruzione, una scala a pioli sorregge una trentina di uomini che si passano le fascine di mano in mano fino alla cima. Poi si posiziona l’effige del santo, un quadro realizzato appositamente che brucerà con la legna. Durante le celebrazioni, prima della processione, vengono benedetti cani, gatti, conigli, volatili e altri animali perché Antonio è il santo degli animali da cortile e da stalla ed è infatti sovente raffigurato con un maialino ai suoi piedi. Ma sulle tavole finisce invece il pesce, il piatto devozionale è il sugo di cernia con cui sono conditi gli “gnocculi”, una piccolissima pasta tradizionale. Durante i giorni della festa, Novoli accoglie moltissimi visitatori da ogni parte della Puglia, grazie anche a una rassegna di eventi musicali e culturali. Dopo anni di trambusto organizzativo e dopo la frenata imposta dalla pandemia, la Fòcara si prepara a tornare per il 2023 in tutto il suo fulgore.
Nel tarantino, a Grottaglie, la pira di rami di vite e fascine di ulivo prende fuoco in onore di San Ciro che, secondo la leggenda, subì torture con il fuoco. “La festa grande” della città della ceramica comprende La “foc’ra” e la festa dei fischietti, e ricorre il 31 gennaio. L’antica statua lignea, prima icona del patrono, è conservata nella chiesa di Santa Chiara e non esce dal cappellone centrale, mentre in processione viene portata la più recente statua conservata nella chiesa di San Francesco da Paola. Grottaglie è scavata quasi interamente nel tufo, vicina alla Murgia dei trulli e a pochi chilometri dal Mar Piccolo e qui gli abitanti tengono in modo particolare alla loro festa patronale, tanto da rispettare un protocollo rimasto invariato da decenni. Ad esempio, è viva la tradizione dell’olio santo di San Ciro, con cui si unge la fronte dei fedeli per purificarli dal peccato e proteggerli dalle malattie; sono ancora le donne a “vegliare” la statua del santo patrono dalla mattina al pomeriggio della vigilia. La torre di fascine, che ha al centro una porta utile agli organizzatori per far partire il fuoco, qui viene decorata con fiori di stagione e con l’icona del santo. Le tecniche di costruzione sono fatte di regole tramandate di generazione in generazione, e si comincia novanta giorni prima, periodo durante il quale si può raggiungere il cuore del cono attraverso un tunnel per pregare, lasciare immaginette, chiedere intercessioni. In sottofondo, il suono dei fischietti in terracotta e argilla, prodotto dell’artigianato locale.
Nel nord della Puglia, anche Rocchetta Sant’Antonio festeggia con il fuoco. Nel cuore dei Monti Dauni nel foggiano, il paese è un villaggio di duemila abitanti dove il tempo pare essersi fermato. La devozione si mescola con il profano, la leggenda narra che Sant’Antonio Abate apparve alle truppe nemiche e infedeli e le mise in fuga brandendo due torce infuocate. È quindi ancora nel segno del fuoco che la fede si manifesta. Secondo un curioso aneddoto che risale alla seconda guerra mondiale, la popolazione si diresse verso la stazione portando il santo in processione, qui trovarono un treno carico di merci e lo assaltarono caricando sul carro che portava il simulacro cibi e giocattoli. La statua rimase fino al termine del conflitto in una chiesetta vicino alla ferrovia, intanto molti giochi furono portati ai bambini come dono di Sant’Antonio, abitudine che resiste ancora oggi. Infatti, la festa patronale prende il via il 15 gennaio con la consegna di regali ai piccoli allievi della scuola dell’infanzia. Mentre è nel giorno della vigilia che si accendono i falò, con cortei di fiaccolate lungo le strade del borgo. Il fuoco rappresenta anche la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo, benedetto dal santo e si festeggia con i banchetti tradizionali e con il “ruot r patan e lampasciun cu la capuzza”, stanato con testa e pezzi di agnello, salsiccia, lampascioni e patate.
I riti del fuoco sono così significativi che la Regione Puglia ha costituito la “Rete dei Fuochi di Puglia” con l’obiettivo di valorizzare e promuovere uno dei tratti più identitari della regione.
Fonte: “Sentimento popolare” di Graziano Cennamo (Edizioni Grifo)