Festa Patronale Sant’Oronzo, Turi Bari, Puglia – 25 e 26 Agosto

Ha un cuore di pietra, intriso di fede e devozione, carico di leggende, la festa di Sant’Oronzo a Turi. Per avvicinarsi al santo, afferrare anche solo uno scampolo del mistero, si scende giù, nei sotterranei delle campagne, nella cavità che ancora oggi si chiama grotta di Sant’Oronzo, alle porte della città, dove, si narra, il santo vescovo e martire si sarebbe rifugiato per pregare e adorare il Signore, in silenzio e al sicuro, e amministrare l’Eucarestia ai coraggiosi fedeli che lo seguivano nelle viscere della terra. È ancora visibile l’inghiottitoio dal quale il santo si calava per raggiungere la grotta, tuttavia l’accesso alla cavità oggi è garantito da un lucernario e una scalinata, all’interno del Cappellone, la chiesa sorta sopra la grotta, nelle campagne di Turi.

Accedere alla cripta significa mettere un piede nella leggenda, immaginarsi cristiano ai tempi in cui la preghiera era un oltraggio al potere e stringere le mani al petto poteva costituire un rischio per la propria vita. Sono ancora conservati gli altari di fattura settecentesca e lo splendido pavimento originale in maiolica, di bottega laertina, che impreziosisce il luogo di culto, dandogli lustro e ricchezza.

È qui che si radunano i fedeli nel cuore dell’estate per celebrare il santo patrono, immergendosi in un’ambientazione d’altri tempi, non solo grazie alle suggestioni ancestrali della cripta, ma anche per via dello spettacolare corteo storico, fiore all’occhiello della ricorrenza, che si celebra alla fine del mese. I preparativi, tuttavia, durano tutta l’estate, compresa la realizzazione del maestoso carro trionfale, che diventa una vera e propria parte del paesaggio cittadino, nel cuore del paese. Riposa per dodici mesi in estrema periferia, il maestoso carro che viene trainato da sei mule fino in paese. Gli animali onorati di trainare il santo patrono sono allevati per un anno intero, esclusivamente per rispettare l’antica tradizione del simulacro trainato dalle mule.

La tradizione è onorata sin dalla vigilia, quando si svolge la processione votiva al cimitero, ovvero alla grotta, con il busto di Sant’Oronzo portato in processione e poi issato sul carro; mentre il giorno della festa, il 26 di agosto, si tiene il lancio del consueto pallone aerostatico devozionale, rituale che si ripete da cinquant’anni. In attesa della processione in costume, tutti i festeggiamenti si svolgono ai piedi del carro, che assiste vigile all’accendersi della città. Alla sua ombra, si schiudono i banchetti gastronomici, le bancarelle degli ambulanti, si tengono i concerti, sul marciapiede compaiono i volti di Oronzo e della Vergine, capolavori effimeri dei madonnari. Una festa collettiva, a cui tutta la cittadinanza è chiamata a partecipare, così come tutti i devoti sono invitati a prendere parte alla processione di gala e al corteo storico notturno, calandosi nel Settecento, epoca del leggendario terremoto cui Sant’Oronzo con un cenno della mano pose fine. E allora, in memoria del prodigio, si carica il simulacro sul carro, incorniciato da luci e fiori rossi e si restituisce vigore alla memoria di una volta, riportando in vita l’aristocrazia del posto, dai marchesi Venusio alla famiglia Caracciolo, dalla stirpe dei Musacco ai nobili Spinelli, e poi ancora cortigiani, servi, borghesia e popolo, per un’allegra e colorata sfilata in costume, curata nei minimi dettagli. La ricostruzione storica include anche gli sbandieratori, i cavalieri e le autorità religiose e sfiora tutti i centri nevralgici del paese, da largo San Giovanni a piazza Sandro Pertini a via XX Settembre, inghirlandati dalle luminarie.

La sfilata avanza maestosa, seguendo il ritmo lento del carro, che incede trionfale sotto l’impressionante galleria di parature e le esplosioni dei fuochi pirotecnici e viene omaggiato, al suo arrivo, con l’esecuzione del Mosè in pompa magna, ripetuto per trenta minuti. A forma di barca, realizzato artigianalmente da maestri carpentieri in legno policromo, ricorda un campanile, con la sua cupola a cuspide, gli angeli e i medaglioni che ritraggono scorci dell’antica Turi. Un prodigio esso stesso, resistente al tempo e alle mode che cambiano, un simbolo di eternità e continuità, che fa della festa di Turi una delle più antiche e autentiche dell’intero Mezzogiorno.