Tutto cominciò da un lumicino. Era il Seicento e a Scorrano imperversava la peste, decimando la popolazione. Fu allora che, in alto, su Porta Terra, Santa Domenica apparve in sogno a una anziana donna del posto, con la promessa di salvare il paese, del quale voleva essere la protettrice, e con la richiesta di esporre una lampada a olio nelle case di tutti coloro che fossero stati guariti grazie all’intercessione della santa. Il miracolo si compì e, un lumicino dopo l’altro, la città divenne un magico rosario di luci, esposte alle finestre delle famiglie graziate, e Scorrano, paese dove l’arte delle luminarie era attestata sin dal 1549, venne eletta patria e capitale mondiale delle parature.
Oggi, si lavora sin dall’inizio di maggio, per fare della città un trionfo di gallerie, spalliere, archi e frontoni perché, dal 6 all’8 luglio, esploda la festa in onore di Santa Domenica. E, per la santa patrona, rivaleggiano a colpi di geometrie di luce gli architetti delle parature che, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, ormai giocano in casa e si sfidano nel Festival Internazionale delle Luminarie, dove la tradizione diventa modernità, con l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, tra light design e illuminotecnica.
La città intera indossa l’abito buono della festa. La chiesa si veste di drappi e velluti pregiati, profuma di calle e calendule. Il centro storico, di per sé composto da vicoli stretti e piazze ariose, si presta all’allestimento monumentale delle luminarie, ogni anno diverse, ogni anno sempre più grandiose. La luce è essa stessa ex voto, con le lunghe gallerie che sembrano infinite, e le torri altissime, promessa di fede e volontà di sfiorare il cielo, per avvicinarsi alla santa di Tropea, che, secondo la leggenda, scelse personalmente la città.
Luce, quella del fuoco, delle lampadine e quella dei rosoni pirotecnici, che segnano il passo del corteo religioso, accompagnano la santa ed esaltano ogni tappa della processione. Perché Scorrano è patria di paratori ma anche di “furgulari”, maestri del fuoco, che da generazioni illuminano a giorno il paese: mortaretti, fiaccole, cascate, lo scoppiettio dei “botti” è la colonna sonora della festa, insieme alle marce e alle arie classiche eseguite dalla banda da giro.
Tutt’intorno, si raduna la cittadinanza, gli scorranesi ma anche migliaia di avventori, salentini e non, venuti da lontano per ammirare i ricami di luce e vivere la festa, quella tradizionale, tra giostre, bancarelle, profumo di “cupeta” e ricchi stand gastronomici, mentre la chiesa rimane aperta tutto il giorno e anche in serata per rendere omaggio e salutare la santa, intronizzata nel sontuoso baldacchino incorniciato da tendaggi purpurei e da fiori rossi, esposta alla comunità. La statua, visibile solo poche occasioni l’anno, è conservata gelosamente nel prezioso stipo di legno, protetto da ben tre serrature, le cui chiavi, fino a qualche decennio fa, erano custodite dall’arciprete, dal sindaco e dal presidente del comitato.
Sono legatissimi gli scorranesi alla santa, un moto d’affetto unisce l’intera città a Santa Domenica che, si narra, venne adocchiata dai vicini magliesi, i quali cercarono di arraffare la statua. Tuttavia, la santa, letteralmente, si impuntò e, secondo la leggenda, il simulacro non volle proseguire la processione in direzione della vicina Maglie, manifestando la volontà di riprendere la strada di casa.
Così, dal Seicento sino ad oggi, Santa Domenica, martire coraggiosa ai tempi di Diocleziano imperatore, continua a vegliare sulla comunità, con un occhio di riguardo ai fedeli ammalati e convalescenti. Fino a pochi decenni fa, infatti, la processione si fermava presso la casa dei cittadini allettati, per arrecare conforto e speranza, mentre si usava collocare uno dei leoncini del simulacro nelle case degli infermi, come buon auspicio di pronta guarigione. Usanze, consuetudini e, soprattutto, fede incrollabile, tramandate di generazione in generazione, anche grazie ai racconti, alla memoria orale, agli aneddoti e alla “Canzone te Santa Duminica”, stornello in dialetto scorranese, che s’usava imparare a memoria da piccoli, per rammentare la storia della santa e i suoi miracoli.