È il mare, la sua chiesa. Profuma di salsedine, si abbrustolisce al sole e si lascia cullare dal suono delle barche, che dondolano al vento di notte, la piccola cappella di Santa Cristina, la protettrice dei pescatori e di tutta la città di Gallipoli, che come umile dimora ha quattro mura sulla banchina del porto antico. Nessuna facciata barocca, né organi classici, né altari di marmo, ma una cappella, che in passato era stata adibita anche a deposito per le reti e per i mastelli azzurri della scapece. Pochi metri in cui anche sporchi di salmastro, stanchi e con l’unto del pesce ancora sulle mani, si poteva entrare e rendere grazie alla santa per la buona riuscita della battuta di pesca e perché anche oggi si era tornati a casa.
La festa di Santa Cristina, la più importante dell’anno, con il beneplacito dei patroni ufficiali Sant’Agata e San Sebastiano, si celebra dal 23 al 25 luglio nel cuore dell’estate sullo sfondo dello Jonio, che fa da placida scenografia ai sontuosi festeggiamenti. Tutta la città si ferma al passaggio della santa, che si affaccia nel centro storico dalla chiesa della Purità, splendido scrigno affacciato sulla baia omonima. Da qui prende il via la processione, che attraversa la città vecchia in un suggestivo corteo, sporgendosi sulle acque. Assistere al passaggio della santa è un’esperienza di suoni, immagini, suggestioni uniche in tutto il Meridione: dalle finestre piovono preghiere, le anziane sulla porta fanno il segno della croce mentre la santa, legata a un tronco d’albero, alza misericordiosa gli occhi al cielo, e un angelo le porge la palma del martirio.
La processione, che inizia all’imbrunire, va avanti sino a sera inoltrata, scortata dalle autorità con il cappello e il pennacchio rosso indossato per l’occasione, gli ottoni della banda da giro gallipolina e i confratelli della Chiesa della Purità, vestiti di tunica bianca e mozzetta color avorio sulla quale spicca il medaglione con l’effigie della santa. Segue uno straripante corteo di fedeli, avventori, turisti di passaggio e visitatori che di proposito si recano a Gallipoli nei giorni della festa, per assistere a questa straordinaria manifestazione di fede, bella e affascinante quasi come un’opera teatrale.
Cuore della ricorrenza è lo scrigno della Chiesa della Purità, affacciata sul mare, pinacoteca a due passi dallo Jonio, rivestita d’oro, stucco e maioliche, eretta nel Seicento con i risparmi dei pescatori e degli scaricatori di porto, oggi preservata grazie alla cura della Confraternita omonima. Qui è conservata non solo la statua ma anche alcune tra le più importanti tele della città e dove persino le pareti, azionate da una leva, nascondono affreschi segreti.
È dal mare che salgono gli spettacolari fuochi d’artificio, che segnano il passo della processione, fiore all’occhiello della festa. E, altrettanto scenografico, è il tradizionale gioco della cuccagna a mare, dove solo i gallipolini doc possono sfidarsi sul lungo palo unto d’olio, posto in diagonale sulla darsena, per conquistare l’agognata bandierina. Sempre dal mare, invece, ci si astiene, per i giorni della festa, secondo la leggenda di Santa Cristina, che porta “la steddha”, ovvero la stella, e farsi il bagno durante la ricorrenza significherebbe mancare di rispetto alla santa e anche rischiare la morte.
Tutto si celebra come in un cerimoniale rimasto immutato da sempre, con la città che si sveglia al suono della banda e delle salve, le bancarelle, le giostrine, le luminarie, per una delle feste più sentite in città. Tutto intorno c’è Gallipoli, la città essa stessa protagonista e senza la quale la ricorrenza sicuramente avrebbe meno fascino. Gallipoli, con il suo centro storico a forma di isola proteso sul mare, odoroso di bucato e basilico, con i vicoli stretti che, anche ai gallipolini stessi, celano sorprese e stupiscono con le aristocratiche facciate, il cielo azzurro dietro i campanili e quel quotidiano fatto di porte aperte, prossimità, sedie appoggiate sull’uscio di casa e quella salsedine che aleggia nell’aria.
È la festa del mare e della sua protettrice e, dal mare, vengono anche i piatti del dì di festa: l’immancabile scapece, le vope marinate nell’aceto e nello zafferano e servite con il pangrattato, e, pietanza tutta gallipolina, i tubettini al sugo di cernia.