Festa Patronale San Ciro, Grottaglie, Taranto Puglia – 30 e 31 Gennaio

Si scalda al fuoco della grande pira di vitigni e fascine di olivo, la piazza centrale di Grottaglie, in nome di San Ciro, salutato dallo scoppiettare dei rami secchi e dalla festa dei fischietti. È la “foc’ra”, ovvero il falò devozionale, il cuore della ricorrenza dedicata al santo che, prima di essere ammazzato, subì torture con il fuoco.

Nella chiesa di Santa Chiara, è conservato il mezzobusto del santo, prima icona del patrono inviata da San Francesco; tutta in legno dorato è la statua lignea conservata nel cappellone della chiesa matrice, che, per precauzione, durante i giorni della festa, resta al sicuro nell’edificio, semplicemente portata avanti di qualche passo; mentre è nella chiesa di San Francesco di Paola che è custodita la statua in legno policromo condotta in processione.

Medico, eremita, martire, incoronato da un’aureola di stelle, con lo sguardo rivolto al cielo, a San Ciro, il cui culto fu introdotto da San Francesco de Geronimo, anch’esso patrono della città, si ricorre anche per chiedere una grazia, per guarire da malattie o invocare la buona riuscita di interventi e operazioni.

Nel cuore della città della ceramica, che si adagia in una valle, incastonata nella Murgia dei trulli, in un paesaggio quasi fiabesco, scavato interamente nel tufo, che volge lo sguardo al vicino Mar Piccolo, quella celebrata in nome di San Ciro è, per antonomasia, la Festa Grande, che ricorre il 31 gennaio, giorno del santo. Un appuntamento irrinunciabile per i grottagliesi, anche e soprattutto per i fuorisede, che spesso rinunciano al Natale in casa per assistere invece allo sfarzo della festa patronale, attrazione anche per turisti e viaggiatori, ogni anno stupiti dalla solidità delle tradizioni e dalla genuinità degli usi e costumi popolari, dalla convivialità e il rispetto di un protocollo rimasto immutato ormai da decenni.

È ancora viva la tradizione dell’olio santo di San Ciro, con cui si unge la fronte dei fedeli, per preservarli dalla tentazione del peccato e dalla malattia, mentre è un compito tutto femminile, quello della guardia alla statua, una vera e propria veglia di preghiera assicurata dalle donne, la “varda a Santu Ggiru”, che vigilano sul simulacro durante la vigilia, dalla mattina al pomeriggio.

Alle prime luci del mattino del 31, rintocca la campana della messa prima. Le cerimonie si susseguono sino alle 13.30, quando parte la suggestiva processione dei devoti scalzi, per le vie della città, accompagnata dalla banda; mentre nel corteo che si svolge la domenica successiva alla festa, il santo porge i saluti agli ammalati, sostando nell’atrio dell’ospedale cittadino.

Il voto di fede per San Ciro, anche qui, prende la forma di una pira devozionale allestita con sarmenti penitenziali di vite e fascine di ulivo. Ammonticchiate le une sulle altre, le fascine si dispongono a cono, decorate con i fiori di stagione e con l’icona del santo, deposta nella nicchia. Al centro, una porta, che tecnicamente è necessaria agli organizzatori per approntare la “foc’ra” e consentire ai fuochi d’artificio di appiccare il rogo, ma metaforicamente simboleggia quasi l’ingresso nel cuore della festa.

La costruzione della “foc’ra”, ogni anno più grande e di forma leggermente diversa, è un capolavoro di perizia e maestria allestito nella zona 167bis. Alta circa 25 metri e dal diametro di 20, è eretta seguendo regole architettoniche ben precise, che si tramandano gelosamente di generazione in generazione: si comincia circa novanta giorni prima dell’inizio della festa, per consegnarla alla comunità in anticipo, perché fedeli, grandi e piccini, possano ammirarla anche prima del clamore della festa patronale, passeggiarvi intorno o avventurarsi all’interno. Tralci di vite e ramaglia ne tracciano la circonferenza, per delimitare una sorta di perimetro della devozione. All’interno del piccolo tunnel nel cuore della pira, invece, ci si può raccogliere in preghiera, lasciare in dono un’immaginetta sacra o, consuetudine degli scolari, nascondere nell’intreccio di rami una letterina indirizzata a San Ciro.

Insieme al crepitio dei rametti di ulivo, allo sfrigolare dei piatti tipici, allo scoppio dei fuochi d’artificio, combinati in coreografie sempre nuove, non manca il trillo acuto e gioioso dei fischietti, realizzati in terracotta e argilla, capolavoro dell’artigianato locale.