È la prima ad accendersi, la città di Castellana Grotte, la prima a scaldarsi nella stagione delle feste del fuoco pugliesi. Nella terra modellata dal tempo, scavata dai secoli, tra cavità, inghiottitoi, doline, lame e tunnel, il fuoco inaugura l’anno, con la sua potenza purificatrice, in occasione della festa patronale dedicata alla Madonna della Vetrana celebrata l’11 gennaio.
La forza del fuoco è celebrata sin dal lontano 1691, quando la Vergine guarì la cittadina da una feroce epidemia di peste, risparmiando la popolazione e suggerendo ai sacerdoti, ai quali era apparsa in sogno, di applicare sulle piaghe degli infetti l’olio santo riscaldato al lume dei ceri posti ai piedi della sua icona. Il miracolo si compì. Secondo le cronache dell’epoca, appena ventidue persone morirono a Castellana: la peste fu vista “camminare più avanti”, ovvero abbandonare l’abitato e, per purificare la cittadina, venne dato fuoco a tutto. Da allora la Madonna della Vetrana si festeggia in pompa magna, come volle fare la contessa Isabella Acquaviva d’Aragona che, secondo la leggenda, fu salvata proprio dalla Vergine, alla quale dedicò la costruzione del santuario.
Sorge a pochi passi dalla città, la chiesa, su uno dei cinque colli di Castellana Grotte. Qui da trecento anni, arde la lucerna, elemento simbolo di una festa intrisa di devozione, che non riesce a scordarsi tuttavia della sua radice pagana, quasi ancestrale, che ha visto sempre nel fuoco un alleato prezioso per liberarsi da entità malefiche e pericolose.
Il fuoco, sparpagliato per la città, appiccato ai crocicchi, protagonista e scenografia al tempo stesso, è il filo conduttore della festa. La notte tra il sabato e la domenica prima delle “fanove”, si svolge la caratteristica questua dell’olio santo, la suggestiva incetta del prezioso liquido, condotta dal clero locale e dai cittadini accompagnati dai fedeli e dalla banda. Si bussa alla porta di frantoio in frantoio, per ricevere l’olio che sarà poi scaldato accanto al lume della statua. Il dono ha qui un significato primordiale, quello di ingraziarsi la santa e assicurarsi un anno di salute e danaro.
Alla questua dell’olio, segue la processione della Venuta, il giorno successivo, con il corteo che porta il simulacro dal santuario sino alla chiesa di San Leone Magno, e la cerimonia della consegna delle chiavi alla santa da parte del primo cittadino. L’arrivo in piazza è tra i fedeli che stringono tra le mani una fiammella, il corteo di tuniche candide e fiori bianchi, la frenesia delle campane e il magnifico baldacchino che avanza lento, sormontato dal prezioso simulacro, la Madonna vestita di rosa e d’azzurro, con Gesù Bambino tra le braccia, entrambi sontuosamente incoronati, e il sacerdote riconoscente ai suoi piedi.
I bambini sulle spalle del papà, le bocche aperte per lo stupore, lo sguardo al cielo e le mani che si scaldano, tutto fa parte di un decoro quasi teatrale, per il grande atto unico della solennità patronale, appuntamento attesissimo, quasi un secondo, e più importante, capodanno, per i cittadini di Castellana Grotte. La festa ha poi una tappa primaverile, ma quella di gennaio, dove tra la folla ci sono anche i fuorisede e i cittadini rientrati per il Natale, è la cerimonia più sentita, imperdibile.
Nella città che sembra fatta di pietra, arde il fuoco, festoso e squillante, per la celebrazione serale delle “fanove”, le impressionanti pire di paglia e legna, incendiate dal fuoco dell’olio sacro ad opera del frate rettore del convento, che accende la prima fiaccola. Ce ne sono circa ottanta, nel cuore del paese, nella piazzetta della chiesa Matrice e in largo Porta Grande, allestite dalle generazioni più giovani di maestri fanovisti, quelle cresciute a pane e ramaglia, che hanno ereditato entusiasmo e perizia dai nonni, liete di ricevere il testimone e portare avanti la tradizione dei falò devozionali.
Tonnellate di legna ardono, mentre, nel segno della condivisione, si aprono anche i ricchissimi banchetti che traboccano di tarallini, frittelle, braciole, legumi, fave, olive e generosi calici di vino locale, offerti ai presenti.
È un paese intero che si unisce nel coro “Tu sei del popolo, letizia e pace”, mentre per le strade brucia una devozione secolare, che nel freddo intenso dell’inverno, scalda il cuore e lo spirito.