Festa Patronale Madonna del Soccorso, San Severo Foggia, Puglia – 3^ domenica di Maggio

Si dice che una volta l’anno sia lecito impazzire. E di solito l’entusiasmo, l’allegria più chiassosa, la follia, si concentrano nei giorni del Carnevale. A San Severo, invece, questo succede durante la festa della Madonna del Soccorso, la terza domenica di maggio, quando letteralmente tutto il paese corre per le strade, in una colossale e barocca cerimonia, una festa euforica e rumorosa, tra le espressioni più autentiche di devozione popolare.

A San Severo, la festa patronale è manifestazione identitaria, appuntamento imperdibile. È, questa del Soccorso, una festa dell’abbondanza e della generosità, dove non ci si contenta di un solo simulacro ma ci si carica in spalla tutte le statue presenti, si celebrano quasi il doppio delle liturgie e non si contano le batterie e i fuochi pirotecnici che esplodono nel clamore incontrollato della gioia.

È antichissima la devozione che lega la Madonna del Soccorso a San Severo, un culto attestato sin dal Trecento, e collegato alla presenza degli Agostiniani. Ma anche e soprattutto una storia di credenze arcaiche, divinità le cui esistenze s’intrecciano e sopravvivono, evolvendosi, al passare del tempo. La Vergine del Soccorso, infatti, è una Madonna nera, il cui culto, importato dalla Sicilia, si diffuse a macchia d’olio in tutto il Meridione. Una Vergine dal colorito scuro, resa barocca dalle mode culturali del tempo, che hanno voluto cingere il suo volto da una bionda chioma rococò e da una corona tempestata di pietre preziose.

La Faccia Nera, la chiamano qui a San Severo, colei che mai è rimasta sorda alle preghiere dei contadini e alle invocazioni di chi di nero aveva le mani e la pelle, per la dura fatica delle campagne. La Madonna, protettrice dei campi, è invocata durante la siccità, e stringe tra le mani alcune spighe di grano, un ramo d’olivo e un grappolo d’uva.

Non si può mancare alla sontuosa processione, che vede i fedeli assiepati ai lati della strada per il corteo che porta in spalla la Vergine, insieme ai due compatroni, San Severo vescovo e San Severino abate, che, da gentiluomini, aprono la strada alla Madonna col Bambino. Un rituale gonfio d’emozione, con la folla in commossa attesa davanti alla porta della chiesa, per l’uscita delle statue. Tunica bianca e mozzetta gialla, per i confratelli di San Severino, rossa per quelli di San Severo, che portano i due compatroni, in apertura del corteo, mentre hanno il manto celeste coloro che caricano in spalla la preziosa Vergine vestita d’oro, cinta di fiori e candele.

La “nostra Mamma nera”, dicono i fedeli, un’espressione che racchiude orgoglio e tenerezza per una santa considerata di famiglia, un volto amico a cui rivolgere le preghiere e i sospiri. È un momento carico di affetto quello della vestizione, che si svolge in chiesa prima dell’inizio delle celebrazioni: in tre, come se stessero abbigliando l’anziana genitrice, le devote ricoprono la statua con il velo bianco e poi l’abito dorato. Attimi di raccoglimento, silenziosa affezione, che fanno da contraltare al momento più folle della festa: quella della corsa sotto lo scoppio dei fuochi. Si chiamano “fujenti”, coloro che corrono durante le detonazioni delle batterie, una tradizione che si mantiene viva e vegeta, nonostante l’evidente pericolo, sin dal Settecento.

La Madonna del Soccorso va adorata in pompa magna, prescrivevano gli antichi dettami della congregazione dei Morti, e così è un vero e proprio reticolo di legno quello che attraversa la città, intrecciato agli alti pali delle luminarie, un tunnel di petardi e bengala, che tocca circa venti quartieri della città, fatti scoppiare appena sopra le teste dei fedeli più audaci che, dal canto loro, devono correre il più veloce possibile per non farsi acciuffare dal fuoco. La meta è arrivare “al finale”, la parte conclusiva, e più intensa, delle batterie, possibilmente sani e salvi. Una consuetudine goliardica e chiassosa, esorcizzante e liberatrice, che coinvolge i giovanissimi ma anche le vecchie guardie delle confraternite e i devoti più affezionati, nonché qualche amante del brivido proveniente da Pamplona, la città spagnola dell’inseguimento tra uomini e tori, con cui San Severo è gemellata.

Dissipato il fumo dei fuochi d’artificio, s’alza quello più sfizioso e allettante dei fornelli, dove le gustose interiora di carne, “u turcénell”, sfrigolano in attesa di essere consumate, sempre in nome di Santa Maria del Soccorso.