La Madonna nel pozzo. Potrebbe essere il titolo di un film e invece è l’inizio di una leggenda e la genesi di una tradizione secolare, quella della festa mariana di Capurso e del culto della Vergine ritrovata nell’acquitrino che si diffuse in tantissimi paesi del sud, da Lecce a Taranto, da Trani a Barletta. Tutto inizia nel Settecento, nella camera da letto di un sacerdote, don Domenico Tanzella, gravemente malato e costretto a letto. Nel dormiveglia, intontito dalla febbre, il prete scorge la Madonna che gli promette pronta guarigione, qualora avesse bevuto l’acqua contenuta in un pozzo, a circa due chilometri dal paese, in località Piscino.
Occorre immaginarlo con tanta fantasia, il sacerdote con le sue vesti scure che, aiutato da due amici, al chiarore di una lucerna, si cala nel pozzo. A un tratto, la candela gli sfugge di mano e al contatto con l’acqua stagnante non si spegne. Don Domenico grida al prodigio ma lo stupore cresce quando, allontanando muschi e pietre, intravede l’effigie della Vergine affrescata, visibile sullo specchio d’acqua per pochi istanti.
Sulle rovine di quel vecchio pozzo, allora, acclamato e voluto dalla cittadinanza, venne eretto il santuario. Il prete miracolato decise di affidarne il progetto all’Ordine dei francescani alcantarini e intorno al pozzo dei prodigi sorse l’elegante e sobrio edificio, con il convento annesso, realizzato tutto in pietra bianca, ancora oggi tappa importante del turismo e della devozione mariana.
Dalla facciata candida, nulla trapela della ricchezza degli interni: il santuario è esaltato dagli stucchi, dai marmi policromi e dalle rifiniture in oro, che arricchiscono le navate e il soffitto, fino al culmine della volta, dove è incastonata l’icona rinvenuta da don Domenico. All’interno, nel cuore dell’edificio, si trova la cripta dove riposa ancora, oggi chiuso, il leggendario pozzo. Al suo posto, un’acquasantiera d’acqua limpida dove si fa la fila per bagnarvi le dita e farsi il segno della croce.
La cripta, cuore della devozione, ha ancora il fascino ancestrale della leggenda, con le pareti di roccia grezza e la luce tenue, accesa dai medaglioni, realizzati in punta di pennello dagli scenografi del teatro San Carlo di Napoli, raffiguranti i tanti miracoli che la Vergine elargì ai suoi fedeli. È qui che si radunano in migliaia i pellegrini in agosto. La festa è infatti preceduta da trenta giorni di preghiera, che culminano nell’ultima domenica del mese, quando comitive di pellegrini e devoti si uniscono alle impressionanti processioni. La piccola Capurso accoglie nel suo abbraccio i tanti pellegrini, molti venuti a piedi dai paesi vicini, come un tempo, fedeli spettatori di questa ricorrenza, che stupisce ogni anno.
Sono i cortei, i momenti cardine della ricorrenza. Il primo, quello del venerdì precedente la festa, celebrata l’ultimo fine settimana di agosto, quando una suggestiva fiaccolata accompagna il santo Quadro della Madonna dal santuario sino al centro del paese. Sabato, i pellegrini si danno appuntamento alla veglia di preghiera, celebrata con la deposizione delle corone sul capo del Bambino e della Vergine. Insieme, a mani giunte nella notte calda d’agosto, si aspetta in raccogli mento l’apertura delle porte della Basilica. Alle 4 del mattino, alle prime luci dell’alba, la chiesa si schiude e i devoti entrano in fila per il rosario e la messa prima della domenica, cui segue la processione più commovente e sentita: quella alla luce del giorno, con i grossi ceri accesi e le compagnie dei devoti che si accodano dietro il simulacro.
La festa si congeda con la solenne scenografia del carro trionfale. Da mesi, fervono i preparativi, nelle case dove vengono cuciti i vestiti, nelle scuole dove s’imparano canti e coreografie. Tutto il paese partecipa alla realizzazione dell’impressionante macchina da scena: il carro a tre piani che avanza sontuoso durante la processione notturna della domenica sera. Il simulacro troneggia sul terzo e ultimo piano, riparato dalla cupola e scortato da otto fanciulle vestite d’angelo, al secondo piano ci sono i figuranti monaci mentre al primo piano è alloggiata la banda. Seguono i fedeli in abiti settecenteschi e i pellegrini che, al passare del carro, vi annodano un nastrino colorato, una promessa di fede e di ritorno a Capurso il prossimo agosto.