Festa Patronale Madonna del Belvedere, Carovigno Brindisi, Puglia – Lunedì dell’Angelo e Martedì dopo Pasqua

Chissà cosa avrà pensato quel mandriano, sventolando un drappo colorato, per richiamare la famiglia, gli amici, un testimone, perché potesse vedere anche qualcun altro, che in fondo al burrone c’era la Madonna.

È una leggenda ricca di emozione e fede, quella della Vergine di Carovigno, Maria Santissima di Belvedere, legata all’esistenza triste di un nobile di Conversano che, gravemente ammalato, si rivolse alla Madonna per una grazia. Questa gli apparve in sogno, invitandolo a recarsi nella vicina Carovigno e mettersi alla ricerca della sua immagine. Contadini e pastori furono coinvolti in quella che fu una vera e propria battuta di caccia alla sacra icona, durante la quale le urla di un giovane mandriano attirarono l’attenzione del nobiluomo. Il pastore aveva ritrovato la sua giovenca sparita, inginocchiata dinanzi a un’icona, all’interno di una grotta, proprio in contrada Belvedere. All’istante, il signore di Conversano abbandonò le sue stampelle e, guarito nel corpo e nell’animo, si fece incontro al mandriano e, in segno di riconoscenza, acquistò la vacca smarrita.

È una tradizione antichissima quella che lega la ricorrenza della Madonna di Belvedere a Carovigno alla “battitura della Nzegna”, proprio per ricordare il ritrovamento dell’effigie, oggi conservata all’interno della cripta basiliana sul colle del Belvedere. Da allora, Carovigno è diventata terra di battitori, soprattutto dagli anni Settanta, quando nascono i primi gruppi di sbandieratori e i bambini già all’età di dieci anni imparano a imbracciare la Nzegna. Un rituale che ha un significato antropologico denso di fede e devozione: il battitore è infatti il “banditore di umane passioni”, un vero e proprio messaggero che, avvolgendo il suo corpo intorno al drappo, lo impregna delle sue preghiere e di quelle della comunità e, gettando la Nzegna il più alto possibile, le invia al cielo. A questa unica forma di preghiera, la Madonna risponde e se il drappo ritorna nelle mani del battitore è segno di buon auspicio.

La festa comincia la domenica di Pasqua con la benedizione del battitore, che fa volteggiare dinanzi alla Vergine il drappo sacro, che è un vero e proprio manifesto ecumenico di pace in quanto, sulla sua stoffa, convivono i due linguaggi del rito cattolico, rappresentato dalla rosa mistica al centro della bandiera, simbolo della Madonna, e i triangoli, anch’essi simbolo della Vergine, del rito ortodosso.

Il rito della battitura si svolge poi il Lunedì dell’Angelo, al cospetto della Madonna e al ritmo dei tamburi, in Largo Machiavelli. Una coreografia acrobatica di vessilli e bandiere che rispetta stili, passi e ritmi senza tempo, una danza tutta maschile, eseguita in maniche di camicia davanti a una piazza che resta con il fiato sospeso e lo sguardo al cielo, con gli occhi ipnotizzati a seguire la bandiera a scacchi. L’insegna mariana libra nell’aria e i due contendenti si sfidano a lanciarla in alto, il più vicino possibile agli occhi di Maria.

È un vero e proprio corteo in costume quello che si snoda dal paese al santuario ipogeo il Martedì di Pasqua, dopo la battitura della Nzegna in piazza Municipio. Dame di corte, paggi, musici, sbandieratori, Carovigno sembra esser tornata al Medio Evo, mentre la processione si snoda lungo i vicoli e le strade, culminando con la magnifica statua di Maria, eretta sul baldacchino, in tunica scarlatta e velo azzurro, cinta di girasoli e rose mistiche.

Si aspetta il sabato successivo, invece, per assistere al rito dal Santuario di Belvedere, imponente complesso ottocentesco costruito sulla collina. È un orizzonte infinito quello che si scorge dal Belvedere di Carovigno, lì dove sorge il santuario un tempo rivendicato dall’allora principe Dentice di Frasso e oggi meta di pellegrinaggi mariani, tappa finale dei 15 sabati di Belvedere, giornate in cui i fedeli si recano a piedi al santuario, da gennaio a giugno.

A circa tre chilometri dal paese, a cento metri d’altitudine, costruito su un precedente edificio cinquecentesco, il santuario è oggi l’elegante copertura di un intricato sistema di grotte carsiche naturali e cripte antichissime, legate tra loro da una scala di 47 gradini. Un labirinto affascinante, lungo il quale, a ogni gradino, è consuetudine recitare una preghiera per arrivare in fondo con un’anima finalmente purificata. Nella cripta superiore, si conserva l’affresco cinquecentesco della Vergine, mentre nell’ultima cavità, situata circa a 12 metri di profondità, è conservato l’affresco trecentesco in stile gotico senese della Madonna di Belvedere. Si guardano negli occhi, madre e figlio, s’indicano l’uno con l’altra, nell’iconografia tradizionale della Vergine dell’Odegitria, letteralmente “colei che indica la via”. Un consiglio, quasi sussurrato all’orecchio, che dice che l’amore è la strada da percorrere.