Festa Patronale Madonna Annunziata, Castro Lecce, Puglia – 24 e 25 Aprile

Dalla storia, dalla pietra, dal mare. Castro, la perla salentina dell’Adriatico, borgo arroccato sul mare, tra i più piccoli comuni d’Italia per estensione territoriale, ma sicuramente tra i più ricchi di bellezza e di passato, stupisce e meraviglia, con la sua distesa blu che somiglia all’infinito, le sculture di roccia, la mano dell’uomo che ha disegnato fortezze e vicoli.

Qui la festa patronale profuma di mare e salsedine, le luminarie e i fuochi d’artificio si specchiano vanitosi tra le onde, le arie della banda si accompagnano alla risacca che accarezza gli scogli. A Castro, è primavera inoltrata, quando si festeggia la Madonna Annunziata, una devozione che risale al Settecento. Si pazienta un mese dopo la ricorrenza liturgica, che cade a fine marzo, per festeggiare dal 24 al 26 aprile in pompa magna, solitamente a Quaresima finita, la santa patrona, con tre giorni di festeggiamenti gioiosi segnati dalla consueta competizione che anima la grande gara pirotecnica tradizionale e dall’aroma del pescato fresco del giorno, nelle gustose porzioni di “pesce a sarsa”, piatto principe della festa, antichissima ricetta povera marinara.

La festa patronale di Castro è una immersione nella storia del paese. Cittadina cara alla dea Minerva, alla quale i romani eressero un maestoso tempio, Castro è stata anche importante polo di riferimento in età medievale e rinascimentale, accogliendo gli Aragonesi, tra le stanze del suo castello, che prendono il nome dei venti, dal Levante alla Tramontana.

È quindi con una elegante sfilata che si omaggia Maria Annunziata, nel primo giorno di festa: dame di corte, archibugieri, giullari, ancelle, cavalieri, conti e contesse, in abiti medievali, avanzano nel tradizionale corteo storico in costumi d’epoca, una sorta di processione laica, un tributo alla storia di Castro, racchiusa nella sua fortezza aragonese. Come un campanile, la torre del castello si scorge da più angoli del paese, quasi a rammentare che in alto è custodito il cuore di questa affascinante cittadina. Piazza Armando Perotti, ingioiellata di luminarie, è il palcoscenico ideale per vivere la festa. Splendido affaccio sul mare, la terrazza regala un panorama che stordisce: un colpo d’occhio vertiginoso che abbraccia tutta la bellezza della baia di Castro e invita a spingersi più lontano, cingendo tutta la costa Adriatica, da Santa Maria di Leuca a Santa Cesarea Terme.

È sulle acque dell’Adriatico che si specchiano i possenti e fragorosi giochi di luce dei fuochi d’artificio, nella attesissima gara pirotecnica della vigilia: quattro ditte di maestri fuochisti, generalmente provenienti dal sud Italia, si sfidano a colpi di cascate e bengala, di coreografie di luce e di colore, di ritmo e cadenza, per meravigliare il pubblico e aggiudicarsi l’agognata vittoria.

La mattina del dì di festa, la delicata statua di Maria incoronata e inginocchiata dinanzi all’arcangelo Gabriele, superbo esempio dell’arte della cartapesta, all’uscita della messa, è adagiata sul baldacchino blu, ornata da ricchi ex-voto e dai rosari, accolta dalle campane in giubilo e dal corteo di confratelli, in tunica bianca e mozzetta color porpora. Il corteo parte dopo la battuta dell’asta: chi si aggiudica l’onore per portarla sulle spalle offre un contributo in denaro che sarà poi devoluto per la realizzazione dei festeggiamenti. Accompagnata dai fuochi pirotecnici diurni, tradizione antichissima che onora il passaggio della sacra immagine, la processione serpeggia tra i vicoli del paese, dai quali di tanto in tanto fa capolino il mare, che non si contenta d’essere scenografia ma si prende il suo posto da protagonista, nel gustoso corollario gastronomico della festa: la sagra del pesce “a sarsa”.

Nelle tavole, nei banchetti per la strada, nelle generose porzioni da servire a viandanti e fedeli, c’è la cucina marinaresca più autentica, quella che diventa virtuosa per necessità, sfornando capolavori culinari che resistono alle mode e al tempo. I palati gongolano all’incontro con le sapide vope infarinate e fritte, condite e lasciate marinare per giorni con mollica di pane, aceto, aglio e menta, un profumo intenso che solletica le narici e richiama alla memoria odori di altri tempi, di cucine operose, di mani che sapevano fare tanto con poco.